venerdì 2 maggio 2014

Homo Homini Lupus

Cari Amici,
Ci sono una serie di fattori sui quali vorrei riflettere insieme a voi:

1) Pensate ad un pianeta il cui numero di abitanti nel corso degli ultimi tre secoli è centuplicato, ma le cui risorse sono sempre rimaste le stesse. Pensate che, secondo stime un poco allarmistiche ma credibili, molte delle risorse alimentari che conosciamo non saranno più disponibili
2) Pensate  alle migliaia di disperati che, con cadenza quasi giornaliera, affollano le nostre coste, e ad un mondo Occidentale-Atlantico  
3) Pensate rivoluzione tecnologica, tanto utile per molti aspetti, ha azzerato la necessità di forza lavoro. [Alcuni sostengono che sia un semplice segno dei tempi. Carpentieri, scribi e maniscalchi oggi sono diventati Webmaster, NetAdmin e Dataenter. Può anche essere vero, ma ciò che non si coglie sono le proporzioni. Per ogni 100 lavoratori in esubero, resi inutili dalla tecnologia, il mondo del web ne reimpiega uno.]
4) Pensate all'azzeramento del costo di trasporto delle merci, che rende possibile produrre a costi infimi nelle zone più povere ed esportare in quelle più ricche. 
5) Pensate ad un sistema sanitrario che, vittima di sprechi, facilonerie e corruzione non può reggere
6) Pensate ad un sistema previdenziale che non può reggere questo tasso di invecchiamento demografico

E' un sistema in Crisi. Queste sono le reali ragioni della crisi.Una barca che affonda. Cosa succede quando una barca affonda? "Si salvi chi può". Ed è in questo momento che viene in mente Hobbes. L'uomo è naturalmente dotato di un istinto di sopravvivenza che si basa sulla legge del più forte. Il primo naturale istinto è quello egoistico di autoconservazione. Questo istinto aveva portato a un patto di subjectionis, a un pactum societatis attraverso cui si era usciti dallo stato naturale per fornire delle tutele condivise. Ora però questo patto è in crisi. L'equilibrio si è rotto. Non è più possibile garantire l'istinto di conservazione di tutti attraverso queste regole. Eppure di questo non si può neanche parlare, si preferisce spacciare la crisi quale fattore temporaneo da cui si può uscire uscendo dall'euro o abolendo il Senato. Pillole buttate a caso per far star tranquilla la gente e cercare di non toglierle almeno la speranza.
Ma è come tentare di prosciugare il mare con un secchiello. Ma chi potrebbe non ci pensa. Meglio buttare benzina sul fuoco garantendo i nostri piccoli orticelli. Hobbes ci costringe a pensare e a dubitare? Benissimo, aboliamo l'insegnamento della filosofia e sostituiamolo con una retrospettiva sui talent shows. Da questa crisi non si esce, nè oggi, nè domani. Non così

Cosa possiamo farci? Non ho risposte, non ho buone risposte.  Ma le strade sono tre
a) Troviamo un nuovo pianeta, in cui portare 3 miliardi di noi, ristabilendo il rapporto risorse-utenti.Possibile? Per ora no
b) Una politica di governo mondiale che ridefinisca il pactum subjectionis, garantendo la sopravvivenza di tutti. Possibile? Forse sì. Probabile? No
c) Una guerra tra poveri, in cui la selezione naturale riporti il rapporto risorse/persone sotto il livello di guardia. Possibile e Probabile

Cosa c'entra tutto questo con un blog sui disabili? 
C'entra perchè i diritti dei disabili sono per antonomasia la cartina di tornasole del divario sociale.  Essendo gli ultimi a potersi salvare da soli, sono i primi in pericolo.Sono le prime vittime di una guerra tra poveri che coinvolgerà mezzo mondo. Ma sarà un sacrificio poco utile perchè molti dei vincitori di oggi saranno i vinti di domani. Però non ci si pensa. Tiriamo a campare cercando di non sentire il grido di dolore di quanti saranno sacrificati.

Massì chiudo i libri di Hobbes e vado a televotare per qualche sfida canora
E' meglio. Il nuovo oppio dei popoli

venerdì 17 gennaio 2014

La vita del fratello

Essere fratello di un fratello disabile è un mestiere che nessuno ti insegna. In realtà questa è una cosa ovvia, ma quanti di voi hanno mai pensato a una cosa del genere? Quanti possono dire di avere fatto questa esperienza? Faccio fatica a dire, quando accenno al fatto che ho un fratello, che è “disabile”. Non sempre me la cavo bene nella comunicazione verbale, e così butto lì la sua disabilità in maniera brusca, senza nessi apparenti con il tema del discorso. Il fatto che il fratello è disabile dovrebbe cambiare qualcosa all'universale esperienza di essere fratello? A naso direi di sì, ma è una mia idea: le persone che conoscono me e non conoscono mio fratello non sanno nulla di questa esperienza, di questa variazione del tema dell'essere fratello, e così non dicono nulla, solitamente sembrano non recepire l'informazione e ci passano sopra. Molti non lo vengono nemmeno a sapere perché, come dire, l'informazione non sembra attinente alle nostre conversazioni: raramente parlo della mia famiglia e il mio grado di apertura su questo argomento varia a seconda della sensibilità e del vissuto dell'interlocutore. Le persone che conoscono superficialmente me e bene mio fratello sono in grado di intuire qualcosa, ma dubito che colgano veramente qualche aspetto del nostro rapporto, così non dicono nulla in proposito, anche perché raramente mi capita di parlare con loro: la rete di rapporti di mio fratello, oltre ad essere molto più estesa della mia (perlomeno all'interno del paese in cui viviamo) è anche e soprattutto nettamente distinta: difficilmente frequentiamo gli stessi ambienti. Sono quindi numerose le persone che frequentano mio fratello e non me. Mi piacerebbe sapere cosa pensano davvero di lui, intavolare uno scambio di idee alla luce delle diverse esperienze (di fratello e di amico o conoscente o parente meno stretto), ma a dire il vero non ci tengo particolarmente a contattarle, così rimango nella relativa incertezza, ben sapendo che mio fratello si fa benvolere quasi da tutti, quando non viene preso in giro o non gli partono i cinque minuti. Mi fa piacere che queste persone siano generalmente in grado di gestire il rapporto con un disabile intellettivo, sebbene non eccessivamente problematico come mio fratello. Poi ci sono le persone esperte in tema di disabilità (terapisti ed educatori) che hanno a che fare con lui, che raramente conoscono me se non di vista o di nome, con le quali quindi è un po' difficile lo scambio di opinioni vista la mia assoluta riservatezza nei confronti di chi frequenta mio fratello (vedi sopra). Devo dire anche che questa categoria di persone mi mette alquanto in soggezione e mi fa rinunciare in partenza a una possibile amicizia. Con qualche rara persona, rara perché preziosa, riesco ad aprirmi senza remore e con gioia; adoro parlare di mio fratello anche se lo faccio assai di rado. Devo scegliere bene le persone con cui farlo e non posso permettermi molti sbagli: sono sensibile ai fallimenti. Possono conoscerlo o meno, ma meglio meno (vedi sopra il punto riservatezza). Non occorre per forza vivere in prima persona tale esperienza se si ha una mente e un cuore preparati e intelligenti. Credo che chi accetta mio fratello così com'è sarà meglio preparato ad accettare i difetti e le mancanze di qualsiasi persona, quelle piccole disabilità che tutti noi abbiamo ricevuto alla nascita oppure abbiamo sviluppato con il passare del tempo. Chi dice di accettare me ma poi non accetta mio fratello, al contrario, credo che accetti solo una parte ben delimitata di me, spesso troppo stretta e tendenziosa, e non voglia vedere il quadro generale di quello che sono. Sono convinto che questa sia una conclusione anche troppo ovvia per un fratello o una sorella di persona disabile; chissà quanti di noi ci sono dovuti arrivare da soli, nella solitudine e nell'incomprensione, a seguito di amare esperienze. Mi auguro però che questa sia una conclusione davvero condivisa, che unisca noi fratelli e sorelle e che ci unisca ai nostri fratelli e sorelle, noi che sappiamo cosa sia questa esperienza così diversa.  

Giacomo Tessaro