mercoledì 15 maggio 2013

Lui è un tipo in gamba ed io gli do una mano




Matteo Baraldi ed Emiliano Malagoli sono due giovani motociclisti speciali, così si definiscono loro, poiché corrono in moto con delle protesi, il primo al braccio destro, il secondo alla gamba destra.
La loro passione per le due ruote, la stessa che gli ha portato via gli arti a seguito di un incidente stradale, ha permesso loro di rivivere un’altra vita, diversa e non meno entusiasmante della precedente. Matteo ed Emiliano hanno inseguito e realizzato i propri sogni dopo le gravi menomazioni fisiche e ciò li ha resi forti e desiderosi di coinvolgere altri ragazzi come loro in un bel progetto: Di.Di. Diversamente Disabili un’associazione no profit fondata da entrambi per far correre di nuovo chi ha avuto incidenti gravi.

Matteo Baraldi classe 1977 nasce a Sirmione in provincia di Brescia. La passione per la moto lo contagia giovanissimo quando a tre anni monta in sella sulla moto dello zio. Cresce, studia, acquisisce un diploma in informatica e trova un impiego sempre coltivando al massimo la sua passione, poi nel 1999 succede l’incidente.
“Sono scivolato con la moto - ci racconta- a causa della cattiva manutenzione della strada e sono finito contro un guardrail che era deformato da molto tempo, tagliente come una lama e rivolto verso la strada; mi ha amputato sul colpo il braccio destro. Uscito dall’ospedale desideravo di nuovo tornare in sella mia moto, ma come potevo?”
Poi Matteo era riuscito a tornare in moto con la protesi nel 2002 e nel 2003 dopo una lunga battaglia legale è riuscito a conseguire la licenza per correre in moto ma purtroppo era solo.
Per Matteo l’incontro con Malagoli è stato risolutivo e ci racconta: “Emiliano mi ha ridato la carica e la positività per fare ciò che abbiamo fatto! Emiliano è un grande! Credo che non smetterò mai di ringraziare Emi e la sua compagna Chiara per quello che siamo riusciti a realizzare fin d’ora!”
Come vi siete conosciuti?Emiliano mi ha telefonato nell'estate 2012 e ci siamo incontrati al Mugello il 30 settembre alla sua prima gara dopo l'incidente. In quell’occasione Emiliano mi ha folgorato dicendomi - facciamo insieme l'endurance al Mugello del 4 novembre 2012? Ed io in neanche un secondo ho replicato: ok facciamolo".
Poi Emiliano ha trovato la strada giusta per creare l’onlus Di.Di. Diversamente Disabili, con il progetto di realizzare corsi con moto adattate dall'Associazione per ragazzi che vogliono riprovare a ritornare in moto dopo l'incidente; per chi vuole ritornare a gareggiare c’è anche il Team Di.Di.
Ci sono già tanti ragazzi che vogliono fare i vostri corsi?
Al Motodays di Roma diversi ragazzi hanno girato in pista su alcune moto Di.Di. allestite per l'occasione e ci sono altri ragazzi pronti a provare nelle prossime manifestazioni. Il team Di.Di. all'attivo ha già dodici piloti”.
Che cosa vorresti dire ai ragazzi che hanno il tuo stesso problema?
È normale che sia dura dopo dei gravi incidenti ma vale la pena combattere con tutte le forze per riconquistare il grande sogno chiamato vita! Si può ancora essere in gioco come prima e felicemente. Io ed Emiliano ne siamo la prova!”

Emiliano nasce a Lucca nel 1975 e vive a Montecarlo (LU) fino quando al Mugello conosce Chiara Valentini, campionessa europea del 2006 anche lei rientrava alle corse dopo un brutto incidente. Tra di loro è stato colpo di fulmine, e adesso Emiliano vive a Roma con lei.
Non ho mai avuto voglia di studiare e non ho finito le scuole superiori. Ho un'attività di noleggio autobus gran turismo e per questo conosco le principali città Europee dove sono stato guidando i miei autobus. Purtroppo la legge italiana impedisce a un portatore di protesi di guidare un autobus anche col cambio automatico ma siccome è anticostituzionale non permettermi nemmeno di poter dimostrare che posso farcela ho intrapreso una battaglia legale per far cambiare la legge.”
E’ proprio uno tosto Emiliano che è salito in moto a sei anni su una "cimati 50" da cross regalatagli dal padre. “Poi ho dovuto aspettare fino a 22 anni per averne un’altra”.
Malagoli ha avuto l’incidente nel luglio del 2011 - Tornavo da lavoro – racconta - erano da poco passate le 21,30 e dopo una sosta in un bar sono ripartito e ho perso inspiegabilmente il controllo del mezzo. Mi sono risvegliato dentro un campo supino e non vedevo la moto, intorno buio e silenzio, non sento più le gambe e avevo una gran paura di essere paralizzato. Ho chiamato i soccorsi e mi hanno trovato dopo quaranta minuti mentre continuavo a perdere sangue. Ho riaperto gli occhi dopo tre giorni al CTO di Firenze. In Rianimazione mi hanno subito detto che avevo perso una gamba e che l’altra non era ben messa, ho chiesto subito se avrei potuto tornare in sella ad una moto…”
Emiliano ha così iniziato a sfidare il suo destino, nei mesi successivi subisce dodici interventi chirurgici per tentare di stabilizzare la gamba rimasta.
Ero testardo e non volevo arrendermi. Cercavo in Rete per trovare qualche altro ragazzo che era tornato a correre dopo la perdita di un’ arto ed ho trovato Matteo: Ho cercato di rintracciarlo e ci siamo conosciuti al Mugello il giorno del mio rientro alle corse dopo 400 giorni dall’ incidente”.
Poi è storia nota. Emiliano ha l’idea di creare Di Di, ma desidera di più! Con Matteo e Chiara intende creare un reparto Racing per invogliare chi correva già prima dell’incidente e intende riprovarci creando così il Primo team di portatori di protesi o artolesi per correre insieme ai normodotati.
Ho acquistato 4 motodice entusiasta Emiliano - le ho adattate ed abbiamo iniziato a fare corsi di guida per ragazzi disabili!”
Le richieste ormai sono diventate numerose, molti ragazzi amputati chiedono di poter provare le moto in diverse parti d’Italia e Matteo ed Emiliano pur con mille difficoltà devono spostare 4 moto e attrezzature, con la necessità di avere sostenitori e sponsor ma questo non li ferma!
Vedeste l’aria che si respira quando andiamo tutti insieme a correreconclude Emiliano con gli occhi commossi - “venite a vederci, portate genitori, amici, parenti. Tutti si accorgeranno quanta voglia di vivere e reagire c’è dentro di noi. Credo che stiamo insegnando qualcosa anche a tanti normodotati che si abbattono per molto meno”



Dorotea Maria Guida

Papà disabile e nuova promessa del Tennis Paralimpico: Antonio Moretto si racconta



Una delle più belle foto di Antonio Moretto, nato a Treviso nel 1966, è quella dove ha il suo figlioletto di cinque anni in braccio. Fidanzato dal 1987 e sposato dal 1994. “Mia moglie e mio figlio sono delle gioie incredibili, mi pento di non avere avuto il bambino prima” dice immediatamente. Poi gli chiedo di raccontarmi un po’ della sua vita.
Non ero molto bravo a scuola, ho studiato perché obbligato fino al giorno della partenza per il militare fatto nell’arma dell’aeronautica nel 1989. Al mio ritorno ho trovato un’occupazione presso un grosso concessionario di Treviso fino al fattaccio nel 2000. Sono appassionato d’informatica e di tennis ma la passione più grande è stata la moto e con la quale ho avuto l’incidente”.
Te la senti di raccontarci com’è andata?
Era un sabato pomeriggio e con altri amici che condividevano la mia passione,stavamo correndo assieme quando in una curva per l’eccessiva velocità fui sbalzato dalla moto dopo aver frenato fortissimo. La caduta non la ricordo, mi sono svegliato disteso a terra con la schiena e le gambe in fiamme dai bruciori, nel giro di poco tempo è sopraggiunto l’elicottero. Sono stato sedato e ho ripreso i sensi il giorno dopo già operato. Sono stato undici ore in sala operatoria per la stabilizzazione della colonna vertebrale che nell’incidente si era spezzata. Sono stato due settimane in Terapia intensiva, penso i giorni peggiori della mia vita; dopo un mese all’ospedale a Treviso fui trasferito per altri 3 mesi presso il reparto di riabilitazione a Vicenza. Sono stati mesi orribili nei quali mi sentivo proprio un disabile.
Come hai ricominciato dopo?
Non so se interpreto bene questa domanda, come ho ricominciato dopo l’ospedale? Non vedevo l’ora di tornare a casa non ce la facevo più a stare in quel posto. Appena tornato a casa, lentamente, ho cominciato la mia nuova vita. Sono stato fortunato perchè non ho trovato difficoltà nell’affrontare la mia disabilità, forse perché la mia lesione non è così grave come molte altre e credo che l’età (avevo 33 anni quando ho avuto l’incidente) e la maturità acquisita mi hanno aiutato a andare avanti. Ho sempre avuto giornate piene tra riabilitazione e sport così il tempo è passato velocemente.”.
Soprattutto la famiglia e il figlioletto hanno aiutato Antonio a vivere un’esistenza normale con la quale si realizza pienamente e nella quale trova anche lo spazio per praticare l’altra passione della sua vita: Lo sport!
Con lo sport mi diverto tantissimo. Ho avuto modo di conoscere tantissima gente e ho visitato tanti posti. Mi sono confrontato con molte persone e questo mi ha permesso di raffrontare con altri il problema comune: la disabilità. Ci si mette a confronto circa le diverse patologie e spesso si trovano soluzioni a problemi comuni. Ho un grandissimo difetto a me la competizione mette molta ansia. Ricordo gli anni subito dopo l’incidente che praticavo nuoto, ero troppo emotivo e ansioso. Prima di una gara stavo malissimo soffrivo troppo. Decisi di provare il tennis. La mia ansia da prestazione non è cambiata molto, ma giocare a tennis è troppo bello. Riesco a far sparire l’ansia poco dopo aver iniziato la partita.”

Quando hai iniziato con il tennis in carrozzina?
Ho iniziato a gareggiare nel 2004, ma non sono molto talentuoso. Ho una lesione bassa e questo mi consente di controllare bene la schiena, se riuscissi a dominare la mia ansia riuscirei ad ottenere molto di più”
Nonostante l’emotività Antonio Moretto ha conquistato il suo primo Trofeo nel luglio del 2010 a Forlì.
Ci racconta lui stesso la grande emozione provata: “mia moglie e mio figlio erano venuti con me ed è stata una gioia incredibile poter dedicare loro quella prima vittoria! Poi ho vinto in altre competizioni Italiane e di recente al 14° Trofeo Internazionale di Cuneo a Marzo di quest’anno ho vinto il Singolo del Tabellone Secondario”!
Antonio Moretto vorrebbe contagiare a tutti la gioia che lo sport riesce a dargli. La possibilità di conoscere la gente di visitare tante città e soprattutto la possibilità di confrontarsi con se stessi e con gli altri.
Invito tanti ragazzi che come me hanno subito dei traumi irreparabili a praticare in modo sano lo sport come il tennis in carrozzina perché è sano. Indipendentemente dalla disciplina scelta, l’ attività sportiva per le persone disabili è un modo per riequilibrarsi con se stessi, integrare e vivere meglio la propria condizione”.




martedì 14 maggio 2013

Lorenzo



1)Lorenzo

Ho portato Lorenzo, Fiammetta, MariaRosa e Bianca a fare una passeggiata; avrei voluto portarli ad una mostra di fiabe, utile per il laboratorio che teniamo in comunità e a cui alcuni di loro partecipano, ma non è stato possibile: mi sento una pessima operatrice, avrei potuto regalare loro un momento di svago, di socializzazione, avrei potuto gratificare la loro intelligenza, la loro voglia di conoscere:MariaRosa è molto intelligente, ama il teatro, si capisce da come parla che ha studiato, le si illuminano gli occhi quando ha l’occasione ancora come un tempo di sentirsi stimolata; Lorenzo ha studiato all’università, Fiammetta è voracemente curiosa di tutto. Per colpa mia stiamo camminando come al solito sotto i portici del paese, al bar concedo loro qualche vizio in più del solito. Stiamo passeggiando nella via del centro, Lorenzo mi si accosta, cerca il dialogo con me, lo prendo a braccetto, camminiamo fino a quando loro mi dicono che sono troppo stanchi per rimanere ancora fuori, per oggi ne hanno abbastanza di tutto quel mondo. Torniamo in comunità, Lorenzo mi dice:
“ Grazie, oggi   per un po’ mi sono illuso di essere un uomo normale”





martedì 7 maggio 2013

LA TERRAZZA




Mi fa male la gamba, oggi non va.
Decido di non forzare. 
Oggi mi riposerò.
 Non senza fatica trascino la poltrona della sala ( chaise longue) fin sul terrazzo e li con enorme gioia mi corico. Sapientemente mi sono munita di: ghiaccio secco, libro, notebook, acqua frizzante, telefoni e due pechinesi che vivono in simbiosi con me da quasi sette anni. 
Mi fa male la gamba, con grande carica, colpisco violentemente il sacchetto del ghiaccio secco per attivare il procedimento. Non so quale sia ma, trovo che sia splendido avere del bel ghiaccio che rinfreschi la mia gambina. Con estrema cautela appoggio il sacchettino avvolto in un bel telino rosso con su il faccione di Babbo Natale 2012. Come vola il tempo. 
Mi sembra ieri che era Natale. Un passo ed un salto e siamo già pronti per le vacanze. 
Chissà se la mia gamba migliorerà, per ora non potrei farci nulla con questa “schifezzina” dolorante.
Ma si che migliorerà, ci mancherebbe. Mi dico più che altro per convincermi che certa. 
Mi adagio mollemente tipo matrona romana, stando ben attenta a non disturbare i signori pechinesi che si sono furbescamente sistemati sulla poltrona molto prima di me. 
Li adoro sti due cagnolini di poco più di 6 chili in due. Hanno un cervellino piccolo ma funziona però. 
Bhe tanto è sempre così me li ritrovo ovunque io vada e se non stessi ben attenta a volte rischierei anche di schiacciarli, da quanto mi stanno appiccicati. 
La femminuccia smorfiosa come sempre mi salta sullo stomaco e mi chiede le coccole mettendosi a pancia in su ed a zampine divaricate. Che tenerezza. Come si fa a far del male a delle creaturine così indifese? 
Ilmaschio, carogna come suo solito, si accorge che la ciabatta mi è scivolata giù dalla poltrona e correndo col suo trofeo in bocca scappa per tutto il terrazzo guardandomi felice e contento della sua conquista. 
Mi rialzo dalla poltrona lo prendo fra le braccia e stringendolo al mio petto gli sussurro: 
Ti voglio bene carognetta. 
Torno a sdraiarmi con Jerry sullo stomaco felice di essere viva. 
Ciao amici Paola 

sabato 4 maggio 2013

Sindrome di Norimberga

Acido coacervo di sentimenti
colpa
inadeguatezza
imbarazzo
non identità
non ruolo
ho fatto quello che potevo
.....
 la banalità del male