sabato 14 luglio 2012

Le obiezioni che porrei al genio della lampada

Immaginate che il classico Genio della Lampada venga a dirvi: «Io posso guarirti, ma considera che la mia guarigione sarebbe radicale e concernerebbe tutti i ricordi che in questi anni sono stati in qualche modo legati alla disabilità: conserveresti quelli legati alle informazioni sul mondo, sui tuoi studi, sulle tue passioni, ma perderesti ogni riferimento alla disabilità, alle sofferenze a questa connesse, alle esperienze fatte tramite essa e alle persone conosciute in questo ambiente. Accetti?».
È ovvio che per molti di noi con patologie gravi, con un quotidiano molto pesante, poco autonomo e con una ridotta aspettativa di vita, la tentazione di accettare senza condizioni è molto forte e comprensibile. Ma come sapete, noi filosofi siamo dei rompiscatole pieni di dubbi e quindi, superata la prima emozione, mi chiederei: «Cosa sarei io senza la disabilità?»; «cosa sarebbe la mia vita senza i ricordi, le emozioni, le sofferenze, le difficoltà, le persone che ho conosciuto in questo ambiente?». Sarebbe certamente più bella. Sarebbe zeppa di sport, di esperienze sessuali, di amici, di movimento, tutte cose che, a ben vedere, posso fare anche ora, ma che - non prendiamoci in giro - senza la disabilità sarebbero mille volte meglio. Eppure,ci sono due o tre cose che mi inducono a dubitare. La prima: quand'anche la vita abile che immaginate di poter avere fosse così bella,sarebbe vostra? Vi apparterrebbe davvero? Senza la disabilità non mancherebbe qualcosa? I primi sei mesi sarebbero bellissimi, una "gran figata". Gli abili non si rendono neanche conto di quanto è bella la loro vita e noi succhieremmo queste esperienze come una droga, come una sbornia, uno splendido orgasmo. Ma poi? Siete sicuri che non avreste nostalgia, non sentireste la mancanza di questo modo di vivere che avete cancellato su due piedi? E se poi le vite abili non fossero tutte cosi splendide come ora ce le immaginiamo? Noi ora tendiamo a incolpare la disabilità di alcune sfortune e insuccessi che potremmo benissimo avere in egual misura anche da abili. Chi ci dice che non diventeremmo lo stesso dei mediocri sportivi al limite dell'incapace, degli sfigati in amore, e dei "Fantozzi" sul lavoro? Gli abili non sono tutti Van Basten, Casanova e Bill Gates: per ogni persona con un qualche talento, ce ne sono migliaia di mediocri. Siamo sicuri che faremmo carte false per vivere una vita abile, mediocre al limite del fallimentare? Siamo sicuri che fareste cambio con ogni tipo di vita purchè abile? Pensate a un personaggio storico discutibile, a un politico che non vi piace, al campione di una squadra avversaria o semplicemente al vicino di casa sfigato. C'è almeno un abile con cui non fareste cambio? Io credo non sia difficile trovarne almeno uno, ma penso proprio che si possa dire anche più di uno. Vorreste fare cambio con loro? Non so voi, ma alla fine questa mia schifosissima vita disabile mi sembra comunque migliore di quella di molti abili che conosco. Questa mia sofferenza, questa mia sfiga rappresentano un valore che mi ha permesso di essere quel che sono e mi ha dato una possibilità di uscire dalla mediocrità di tante vite abili. Se questo concetto vi sembra ostico, è perchè non riuscite a vedere il valore della vostra disabilità, a considerarla la vostra sfida, il vostro banco di prova, la vostra conquista, la vostra via per il successo. Se riuscite a dare questo valore alle cose, non avrete alcun bisogno di una vita abile "da Van Basten", perché lo siete già nella vostra partita, nella vostra sfida. Se non riuscite invece a dare valore a questa vostra vita, a fare sacrifici per essa, a lottare, a rialzarvi dagli insuccessi, cosa vi fa pensare che in una vita abile invece riuscireste? Quindi alla fine cosa rispondereste al Genio? Personalmente porrei delle condizioni e non vorrei rinunciare al ricordo e agli insegnamenti di questa mia esperienza. Se poi non fosse possibile contrattare con il Genio, allora la tentazione in me di parafrasare un notissimo gioco a premi e dire «Ringrazio, rifiuto e vado avanti», sarebbe fortissima. Avrei perso molto, ma avrei guadagnato una stima di me stesso che non ha prezzo. Questa storia del Genio potrebbe dunque darci un imperativo morale da seguire: «Vivi la tua vita (disabile) come se ogni giorno dovessi rifiutare l'offerta del Genio di cambiarla con un'altra che supponi migliore».

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