sabato 6 aprile 2013

"Domani voglio andare a scuola"

Dalla seconda metà degli anni '70, con l'abolizione delle scuole speciali (1974) e, viceversa, con l'espansione del Metodo Montessori,( nato per bambini con problematiche psico-cognitive), allo studio dell'educazione pedagogica rivolto a tutti i bambini, la scuola pubblica italiana acquisisce un ruolo di avanguardia a livello scientifico-pedagogico e  didattico in tutto il mondo. Pur vivendo un periodo di grave crisi d'identità, rimane un' istituzione che continua ad essere ammirata in tutta Europa come esempio di integrazione degli alunni diversamente abili.
Attualmente nella scuola si concentrano gravi problematiche, come il soprannumero degli studenti nelle classi, il taglio drastico dei finanziamenti, la riduzione 'forzata' degli insegnanti di sostegno; è evidente che,in questo contesto, l'integrazione degli alunni disabili può risultare fortemente compromessa.
Nonostante tutto, chi lavora dentro la scuola (insegnanti, educatori, volontari, Dirigenti scolastici, Ata), impegna tutte le proprie energie e la propria professionalità, utilizzando gli strumenti a disposizione, (assai pochi), affinchè gli alunni con bisogni speciali abbiano una concreta formazione educativa e didattica e vivano la scuola come luogo di aggregazione e socializzazione.
Questa è la forza della scuola pubblica italiana: la volontà di promuovere l'integrazione tra tutti i soggetti, riuscendoci,  nonostante vengano perpetrate continue ingerenze su questa Istituzione a causa di politiche sbagliate.
Come insegnante di sostegno sono testimone diretta del fatto che, comunque, non tutto nella scuola pubblica è da buttare; semmai, c'è molto da rivedere, a partire da un progetto pedagogico chiaro che definisca obiettivi, modalità e strumenti a favore di una scuola migliore.
Non dimenticherò mai quello che, una volta, mi ha raccontato la madre di  un alunno autistico che frequentava la scuola media;  in vista del giorno successivo, le ripeteva ossessivamente, ogni sera: "Domani voglio andare a scuola".
Forse, allora, un seme di speranza rimane.


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